Ovviamente Daniele non è l’unico libro che è stato preso in esame perché “tutta la Scrittura è ispirata da Dio e utile” e tutto ciò che è stato scritto serve per “nostra istruzione”. – II Timoteo 3:16, 17; Romani 15:4
È degno di nota, comunque, che riferendosi agli ultimi giorni del “sistema di cose” questo libro fu menzionato da Gesù stesso. – Matteo 24:15
Il libro biblico di Rivelazione parla anch’esso degli ultimi giorni (arrivando fino alla fine del millennio) e quindi confrontarli è stata la cosa più naturale da fare. Inoltre è sempre il libro di Daniele che ci dice che, negli ultimi giorni, la conoscenza sarebbe diventata abbondante. – Daniele 12:4
Sarebbe saggio, soprattutto per coloro i quali credono di aver già capito tutto, rimettersi in discussione anche se ciò può essere estremamente difficile. La storia biblica ci fa capire che lo stesso popolo di Dio nutrì più volte aspettative errate. (Atti 1:6) Non è un mistero che anche il popolo moderno di Dio sulla terra abbia nutrito aspettative errate e abbia dovuto rivedere più volte l’intendimento di certe scritture; quindi dovremmo accettare che ci sia quantomeno la possibilità che tuttora, al presente, ci siano Scritture interpretate male. Bisognerebbe anche accettare la possibilità che una scrittura male interpretata non sia sempre un qualcosa di marginale: potremmo aver compreso male anche alcune verità fondamentali. Noi, quali servitori di Dio, non dovremmo avere posizioni “politiche” solo perché il cambiamento potrebbe essere difficile o doloroso. A noi dovrebbe interessare solamente la verità. – Salmo 119:97; Giovanni 17:17; 18:37
Daniele ebbe il privilegio di comunicare direttamente con l’angelo Gabriele e quindi avere “informazioni degne di fiducia” direttamente dalla Fonte. Noi non abbiamo questo privilegio per cui dobbiamo affidarci alla Scrittura (II Timoteo 3:16, 17), alla preghiera e alla meditazione. È chiaro che tutte le nostre convinzioni preconcette potrebbero impedire il fluire della Scrittura nonostante l’impegno profuso. Se, ad esempio, avessimo l’assoluta convinzione che un determinato avvenimento si sia verificato in una data specifica (1914, 1919 o qualsiasi altra data) ci varrà spontaneo, quasi in maniera inconscia, adattare le scritture ad esso collegate a quella specifica data. Più avanti, per naturale effetto domino di queste interpretazioni, si potrebbero creare delle vere e proprie forzature per far combaciare altri avvenimenti legati tra loro ma sarà molto difficile considerarle tali. Potrebbe essere capitato a noi?
Come si fa con il metodo scientifico, si dovrebbero cercare non quelle scritture che sembrerebbero confermare un determinato intendimento (scritture a cui si arriverebbe comunque) ma proprio quelle scritture che, almeno in apparenza, sembrerebbero indebolire o addirittura inficiare quell’intendimento. Questo metodo ha l’effetto di rafforzare ulteriormente molti intendimenti attuali. Daniele poteva parlare con l’angelo e quindi non era tenuto a fare una cosa del genere ma anche lui dovette studiare attentamente le Scritture per capire quanto sarebbe durato l’esilio del suo popolo in Babilonia. – Daniele 9:1, 2
Facendo un’attenta comparazione non solo con il libro biblico di Daniele ma con tutta la Scrittura, sarà inevitabile rimettere in discussione alcune delle verità acquisite, ma ogni deduzione cercherà d’avere l’appoggio della Scrittura (che è poi l’unica cosa che conta). Esiste poi una parte del tutto ipotetica e speculativa. Quando il falso profeta “costringe tutti a farsi il marchio della bestia selvaggia” (Rivelazione 13: 16, 17) non abbiamo precedenti scritturali a cui ricollegarci ed inoltre, se questa scrittura parlasse di avvenimenti ancora futuri, non potremmo far altro che supposizioni.
A volte vengono esposti una serie di indizi per identificare un soggetto, come nel caso di Babilonia la Grande, e quindi sta a noi valutare questi indizi in maniera accurata e disinteressata. In questo e in altri casi si faranno delle ipotesi alla luce di informazioni storiche o d’altro genere per cercare di capire a cosa potrebbe riferirsi e in alcuni casi si apriranno una serie di possibilità. Possibilità, non verità acquisite.
Lo stesso desiderio che ebbe Daniele dovrebbe spingerci a valutare le apparenti incongruenze dell’attuale intendimento e vedere se nella Bibbia esiste una risposta migliore. Non dobbiamo sottovalutare l’importanza delle profezie (I Tessalonicesi 5:20) e pur riconoscendo che la fede in Geova e Gesù Cristo non possa basarsi soltanto su questo, essa è parte integrante della Parola di Dio la quale è utile per la salvezza (II Timoteo 3:15). Speriamo dunque che quel popolo che ha avuto il coraggio di sopportare la persecuzione nelle passate guerre mondiali, che ha avuto l’umiltà di modificare l’intendimento di alcuni passi scritturali quando è stato necessario, possa continuare ad avere il desiderio di accertarsi di ogni cosa.
Se si chiede ad un cristiano, ed in particolare a un Testimone di Geova, di fornire una prova dell'esistenza di Dio, ci sono grandi probabilità che citi il quarto versetto del terzo capitolo della lettera agli Ebrei, "Ogni casa è costruita da qualcuno, ma chi ha costruito ogni cosa è Dio".
Se il ragionamento è corretto, dal nulla non si è generato nulla bensì ogni cosa è presente sulla terra per via della volontà di un progettista, bisogna tuttavia capire che Paolo non stava cercando di argomentare sull'esistenza di un Creatore. Si stava rivolgendo ai suoi compagni cristiani, oltre che ebrei, che certamente non dubitavano del fatto che l'universo fu governato da un essere potente alla base di tutto. Inoltre, nell'antichità il problema non era affatto la non-credenza in Dio ma piuttosto l'inverso: si aveva tendenza a credere in una moltitudine di divinità. D'altronde, Paolo, in un'occasione, rimarcò che era stato fatto un altare dedicato ad un dio sconosciuto, sicuramente per timore di dimenticare di adorare una divinità.